Babacar a carte scoperte: “Aprirò una scuola calcio, sogno un film con Pieraccioni”

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Sulla Gazzetta dello Sport troviamo un’interessante intervista di Andrea Elefante a Khouma Babacar. Un botta e risposta a carte scoperta con l’attaccante senegalese, che ha trattato vari temi extracalcistici. Eccone un estratto:

ALTRI SPORT – “Sarei stato un buon playmaker. Anzi, ero un buon playmaker: assist come se piovesse, forse per questo ancora oggi godo quasi più a far segnare un gol che a segnarlo io. Non mi sono pentito di aver scelto il calcio, ma continuo a pensare che in assoluto il basket sia più spettacolare”

CATTIVA STRADA – “È più facile prendere una cattiva strada se vivi in strada, per questo mi sono messo in testa di aprire una scuola calcio per bambini in Senegal, e lo farò. Prandelli, che mi stava addosso come un padre, se n’era appena andato e io cominciai a frequentare quella gente che ti cerca perché sei un calciatore. E poi avevo orari sballatissimi. In fretta partì anche mio padre dal Senegal: così incazzato non era mai stato”.

ALTRI MESTIERI – “Sono abbastanza sicuro che non resterò nel mondo del calcio e sicurissimo che non farò l’allenatore. Recitare da “scemo” mi è sempre riuscito bene, far ridere gli altri è il mio passatempo preferito. Faccio sempre un sogno a occhi aperti: io nel cast di un film da ridere. Magari con Aldo, Giovanni e Giacomo, se non mi chiamano loro mi faccio avanti con Pieraccioni”.

FAMIGLIA – “Provare a spiegare la mia famiglia e la nostra ca è come spiegare la mia idea di mondo ideale: se puoi, aiuta tutti quelli che puoi e poi circondati di gente a cui voler bene, e che ti vuole bene. Non so chi sarà la madre dei miei figli, però spero di non aspettare troppo, vorrei averne 3-4”.

RELIGIONE – “Se sei musulmano devi pregare e infatti io prego, cinque volte al giorno. Ogni giorno che mi sveglio e vedo che respiro mi viene più voglia di credere in chi mi ha dato tutto ciò che ho, di ringraziarlo, di chiedergli aiuto”.

AMICI – “Quel pomeriggio, mentre cercavo Omar senza trovarlo perché l’avevano già seppellito la mattina, ricordo di aver provato un dolore che un ragazzino di 11 anni non crede di poter sopportare, piangevo senza riuscire a smettere e non capivo cosa voleva dire mia madre (‘Khouma, la vità è così’). Quando vado in Senegal raduno tutta la banda dei tempi d’oro. I veri amici quasi sempre sono della tua gente”.

SCUOLA – “Ad un certo punto, dovunque mi girassi erano botte. Me le davano i prof perché in Senegal non ci pensano due volte. Smisi di andare, allora me ne diede tante mia madre. Iniziai a frequentare un po’ più volentieri solo quando incominciarono a piacermi le ragazze. Solo Corvino sa quante volte mi ha fatto mangiare in camera per punizione. I tutor del settore giovanile, poverini, ormai conoscevano meglio la strada per accompagnarmi a scuola di quella per andare a casa loro”.

SOCIAL NETWORK – “Li uso tutti, non sono schiavo di nessuno. Il giorno che dovessi accorgermi di preferire il pc o lo smartphone a una bella chiacchierata guardandosi negli occhi mi cancellerei da tutto, ma so che non succederà”.

MOMENTO BUIO – “La morte di Omar Tourè è stato l’unico momento della mia vita in cui davvero non riuscivo più a vedere la luce. Con il calcio non mi è mai successo, eppure credo che in tanti al posto mio si sarebbero buttati giù, e magari qualcuni ha anche mollato, per questo. Alla Fiorentina con Mihajlovic non giocavo quasi mai, l’etichetta di “Babacar è svogliato” non c’era verso di cambiarla. Al Racing Santander pur di non pagare inventarono qualunque cosa. A Padova arrivai pieno di speranze, poi mi feci uno strappo all’adduttore. Avevo perso il sorriso, con Novellino finalmente ricominciai a divertirmi”.

AVVERSARI – “Mai stato espulso e di solito non abbocco alle provocazioni, anche se i difensori avversari ci provano. L’avversario di tutti i giorni è Bagadur, lo chiamo il re e a fare sportellate con lui mi diverto perché è uno tosto. Ma il più duro in assoluto è stato Thiago Silva, una partita contro di lui fu un incubo: provai cento movimenti diversi, ma non mi fece toccare un pallone”.

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