Occasione persa, l’ultima di una lunga serie

hristov

In quanti ieri, vedendo Vitor Hugo uscire dal campo claudicante alla mezz’ora del primo tempo di Milan-Fiorentina, hanno pensato: adesso Pioli mette Hristov. Tutti, o quasi. E invece al posto del brasiliano è entrato Maxi Olivera, professione terzino sinistro, per fare il centrale mancino nella retroguardia a tre con Milenkovic e Pezzella.

Un ruolo che non ricopriva dai tempi del Penarol, dove comunque, anche lì, si era adattato in casi di emergenza. Un’occasione persa per vedere all’opera uno dei migliori elementi della Primavera di Emiliano Bigica. Un mancato ingresso che, nel corso della conferenza stampa post partita, Stefano Pioli ha spiegato così:

Credo che oggi fosse giusto che giocassero i giocatori che hanno dato tutto dal 4 luglio sino a oggi, soprattutto i giocatori che hanno giocato poco ci hanno permesso di fare questo buon lavoro. Olivera è stato utilizzato tante volte in allenamento in quel ruolo, è sempre stato un gran professionista. Credo fosse giusto oggi che giocassero loro. Anche perché non credo che Hristov fosse pronto per questo tipo di partite.

Un punto di vista rispettabilissimo, che, tuttavia, non condividiamo. Perché se non si dà la possibilità a un Primavera di esordire quando la partita non ha più niente da dire, sia nell’arco dei novanta minuti che per obiettivi stagionali, quando è il momento giusto? E questo è un discorso da estendere anche ad altri giovani. Come Gori, lasciato fuori in Fiorentina-Lazio 3-4 per far entrare un anonimo Falcinelli. O Sottil, che in Roma-Fiorentina 0-2 poteva certamente fare meglio del solito evanescente Gil Dias. O ancora Cerofolini, che forse proprio nel Milan-Fiorentina di ieri avrebbe dimostrato di non essere inferiore a Dragowski, anzi. E non consideriamo Lo Faso, Hagi o Zekhnini, che in tre hanno totalizzato 45′ stagionali.

E così la stagione della Fiorentina di Stefano Pioli si chiude con zero Primavera lanciati in prima squadra. Un netto cambio di tendenza rispetto alla scorsa stagione, quando Sousa, seppure per pochi minuti, diede un’occasione a Perez e Mlakar, ma soprattutto proiettò Chiesa nel calcio dei grandi.


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